Per rendere l’Europa e l’Italia più ‘green’ bisognerebbe usare più biometano (la rete c’è già) perché non basteranno le auto elettriche. Se si volessero davvero raggiungere a livello nazionale (al 2030) i sei milioni di veicoli elettrici prefissati, a zero emissioni, “bisognerebbe installare in Italia 20 centrali nucleari, per evitare di non poter gestire poi i picchi di energia richiesti: non ci sembra un obiettivo ragionevole“.
È il coro che accompagna a Bologna i lavori di Federmetano, la Federazione nazionale dei distributori e dei trasportatori del gas naturale, cui il viceministro dei Trasporti, Galeazzo Bignami, partecipa inviando un videomessaggio. Proprio nel momento in cui il prezzo del metano torna a essere competitivo, anzi conveniente, dopo il periodo difficile vissuto dal settore, dovuto prima alla pandemia e poi dalla crisi energetica, l’associazione discute di stato dell’arte e prospettive in occasione della decima edizione dell’evento “Mutamenti in corso“, dedicato agli associati dell’autotrazione, di scena oggi nel capoluogo emiliano.
Dante Natali, ingegnere bolognese presidente di Federmetano, parla in sala ma sembra parlare direttamente al Governo e all’Europa: “In Italia il biometano sta andando molto bene, in termini di diffusione, con percentuali di penetrazione nel nostro settore che sono arrivate al 50%. In questo senso, abbiamo raggiunto già gli stessi risultati che l’Ue ha fissato al 2030, quindi con sette anni di anticipo. Quello che ci preme- puntualizza Natali- è richiamare all’attenzione di tutti le criticità dell’opzione elettrica: non siamo contrari, ma nell’ambito dei trasporti può e dovrebbe esserci spazio per tutte le soluzioni”.
I risultati da raggiungere, del resto, sono molto ambiziosi, con il -50% di emissioni di CO2 nel settore energetico caro a Bruxelles. Nel mezzo di questa “rivoluzione copernicana” è necessario che l’elettrico venga affiancato dalle altre tecnologie, secondo Federmetano: “Metano, biometano e metano liquido riescono a coprire tutte le fasi del singolo trasporto, su breve raggio, compresi quelli pesanti sulle grandi rotte europee. Con la trazione elettrica, invece, al momento tutto questo non è possibile. E- continua l’ingegnere in sala e a margine dei lavori odierni- non sappiamo nemmeno se in futuro la tecnologia coprirà o meno il gap. Rinunciare di fatto ad un’opportunità come quella legata al metano, quindi, ci sembra una grossa sciocchezza“. In realtà, precisa bene Natali, il pressing è rivolto più a Bruxelles che a Roma: “Col Governo il dialogo oggi è molto migliore, rispetto a quello che si era sviluppato con i precedenti esecutivi, perché notiamo una consapevolezza diversa sull’impiego di tutte le fonti energetiche disponibili. Il problema europeo, invece, è più grave, visto che il Parlamento Ue ha votato di raggiungere i risultati ‘green’ usando soltanto due tecnologie: l’elettrico, appunto, e l’idrogeno”.
Le stime della federazione illustrate a Bologna, “ottimistiche”, parlano di una percentuale di immatricolazioni che via via cresce, negli anni, ma in ogni caso “prima del 2046 non riusciamo ad immaginare di avere in Italia almeno sei milioni di veicoli elettrici, come si dice”, chiarisce Natali.
Conferma e certifica il trend Marco Mele, economista, amministratore unico dei Servizi Fondo Bombole Metano: “Dai nostri studi interni, che hanno messo a confronto tra loro le auto elettriche con quelle a idrogeno e con quelle caratterizzate dal mix idrogeno-metano, emerge- spiega Mele al convegno- che le auto elettriche hanno limiti relativi al cambiamento climatico. Quando c’è molto freddo o molto caldo, infatti, la capacità delle batterie elettriche si riduce. E non dimentichiamo l’inquinamento legato alla produzione-gestione di auto elettriche, in primis per lo smaltimento delle batterie a fine vita, ma non solo. Le batterie di questo tipo vengono prodotte soprattutto grazie al cobalto, il quale non è un elemento molto ricco in natura: la sua estrazione avviene in paesi come la Cina, anzitutto, con l’effetto di costi in aumento per i paes i interessati all’importazione”. Inoltre, i mezzi pesanti elettrici, per funzionare in modo efficace, fa notare l’esperto, “dovrebbero aumentare il numero di batterie a bordo o la loro portata, ma poi in questo modo aumenterebbe anche il peso totale del singolo camion, con altre ripercussioni di efficienza. Le nostre bombole di metano, invece, che vengono caricate nel giro di 3-5 minuti, garantiscono un’autonomia di 500-600 chilometri. Le performance risultano molto migliori rispetto a quelle ‘elettriche’, dunque. L’elettrico serve e farà parte del processo di transizione energetica, ma serve anche buon senso”. Anche perché, richiama Mele, “non dimentichiamo che, nella conversione, restano a rischio moltissimi posti di lavoro nel settore endotermico, indotti compresi dai meccanici in giù. Non possiamo permetterci di perderli”.
Da parte sua Giuseppe Fedele, vicepresidente di Federmetano, socio e fondatore di diverse aziende attive in tutta la filiera del gas naturale metano, da 10 anni si occupa di biometano e di miscele di metano-idrogeno, l’idrometano, e oggi evidenzia: “Purtroppo, in Italia e in Europa si è identificata la transizione ecologica con la sola elettrificazione. L’obiettivo invece, e dico questo anche nella mia veste di convinto ambientalista, è quello di decarbonizzare. Non possiamo raggiungere un obiettivo del genere con un unico sistema, bensì con tutti quelli disponibili: l’elettrico per la piccola mobilità urbana, gli altri sistemi a maggior autonomia in altri contesti che lo richiedono. In Italia siamo ricchissimi di biometano, siamo uno dei paesi che ne ha di più in Europa e nel mondo, ma dobbiamo continuare a promuoverlo. Questo può voler dire salvare l’automotive, un capitolo importante della nostra economia, ma anche decarbonizzare”.
Il punto è che, mentre gli altri paesi ci devono ancora arrivare, l’Italia avrebbe già l’infrastruttura necessaria alla distribuzione di biometano: “Noi abbiamo già il ‘piano B’, quindi, nel momento in cui ci rendessimo conto che l’elettrico da solo non basta. Il piano B è una rete di 1.500 distributori già esistente, di tantissime officine meccaniche: dobbiamo salvarle- sprona Fedele- invece di metterle a rischio. Abbiamo un vantaggio in Europa sugli obiettivi della decarbonizzazione, ma rischiamo di perderlo se non sappiamo rendercene conto. Al ministro dei Trasporti abbiamo portato in questo periodo più studi, dimostrando che se volessimo raggiungere i sei milioni di veicoli elettrici prefissati, a zero emissioni, dovremmo installare in Italia, per gestire i picchi energetici richiesti, 20 centrali nucleari. Non è un obiettivo ragionevole”, conclude Fedele.