Il mondo dei videogiochi, si sa, è particolarmente remunerativo dal punto di vista economico.
Nel corso degli anni gli sviluppatori ed i publisher hanno inseguito un sempre maggiore numero di soluzioni nel tentativo di rendere lo sviluppo e la pubblicazione dei videogiochi economicamente sostenibili.
Se negli anni novanta i videogiochi erano prodotti che uscivano una volta e stop, generando quindi ricavo soltanto attraverso il loro acquisto, trent’anni dopo diverse sono state le modalità di monetizzazione che hanno fatto il loro ingresso nell’ecosistema dei videogiochi.
In parallelo al prezzo d’acquisto sono iniziate a venir introdotte companion app, valute interne, microtransazioni, lootboxes e affiliazioni con sistemi di monetizzazione esterna. Molti stati si sono agitati contro questa evoluzione dei sistemi di monetizzazione proponendo delle leggi ad hoc che non sempre hanno avuto l’effetto sperato.
Mentre il mondo dei casinò online classici cresce (scopri i siti di scommesse inglesi più affidabili) quello dei videogiochi ha pensato di puntare altrove per rimanere sostenibile. Questo altrove è rappresentato dall’arrivo degli NFT, o Non Fungible Token.
Cosa sono e perché rappresentano un sistema di monetizzazione? Scopriamolo insieme.
Cosa sono gli NFT nei videogiochi?
Il termine NFT nel corso degli ultimi mesi ha fatto capolino sempre più volte all’interno del mondo della tecnologia e dell’economia e la sua incursione in quello dei videogiochi non stupisce effettivamente nessuno.
NFT sta per Non Fungible Token, ovvero per uno strumento digitale che va a rappresentare un certificato di proprietà e/o un atto di autenticità che assume validità grazie alla sua presenza sulla blockchain. In parole povero l’NFT è una specie di certificato che dice “questo oggetto digitale è di questo proprietario ed è unico”.
Dopo l’esplosione degli NFT all’interno del mondo dell’arte molte aziende legate al mondo dei videogiochi hanno immediatamente visto le potenzialità della tecnologia per creare un nuovo sistema di monetizzazione.
La compravendita degli NFT, infatti, è un buon modo per generare del valore in maniera continua attraverso le transazioni in game senza dover sfruttare sistemi esterni per la regolazione del mercato.
NFT e Videogiochi: un rapporto (per ora) complicato.
La prima in assoluto è stata Ubisoft che, dopo un po’ di teasing in Autunno ha effettivamente lanciato a dicembre Ubisoft Quartz, un programma che prevede le rivendita di contenuti aggiuntivi sfruttando le caratteristiche tecniche di NFT e Blockchain per definire un valore ed un’effettiva proprietà per gli oggetti.
Ubisoft Quartz ha iniziato un suo periodo di beta a partire da Martedì 7 Dicembre in Stati Uniti e Canada e consiste in DLC NFT univoci per i videogiochi di Ubisoft. Il testing della piattaforma è stato fatto unicamente su Ghost Recon Breakpoint, sparatutto open world dell’azienda uscito durante il corso del 2019.
Il responso del pubblico alla novità non è stato dei migliori ma questo non sembra aver scoraggiato altre aziende. Poco prima della fine del 2021 anche Square Enix, colosso giapponese noto per la saga di Final Fantasy, ha annunciato di essere intenzionata a lavorare sulla creazione di un suo ecosistema che sfrutta le tecnologie dietro gli NFT per dei titoli in futuro.
Un passo indietro invece è stato fatto da GSC Game World, software house russa nota per essere al lavoro su S.T.A.L.K.E.R 2. Dopo un annuncio a inizio dicembre riguardante l’utilizzo della blockchain per permettere alla community del gioco di possedere un pezzo del titolo, la compagnia ha fatto sapere che in seguito al feedback molto negativo dei giocatori ha deciso di rimuovere dal titolo (in arrivo il 28 Aprile 2022) qualsiasi riferimento a blockchain ed NFT.
La situazione, in sostanza, sembra essere piuttosto complicata ed è difficile prevedere come si evolverà la cosa con il passare del tempo.