Come si fa a difendere adeguatamente i dati personali dei cittadini italiani con un’Autorità Garante della Privacy che ha l’organico più basso tra tutte le autorità regolatorie italiane e tra tutti i Garanti della Privacy europei?
I dati vengono oggi indicati come il petrolio della nostra era. Sono il combustibile dei Big Data, attraverso la cui lettura analitica si ricostruisce tutto o quasi su abitudini, tendenze, preferenze di ciascuno di noi. Per evitare abusi abbiamo bisogno di un Garante forte.
C’è chi li chiede approfittando della ingenua noncuranza dei diretti interessati (come accade nel caso dei social network) e c’è chi li ruba, sfondando i sistemi di protezione con sofisticate soluzioni di pirateria informatica. Oggi i dati sono la preda più ambita dai giganti del web. E oggi i dati sono la preda più ambita dai giganti del web.“Amazon, Facebook, Google, Apple, Microsoft, IBM e tante altre società – ha dichiarato Raffaele Barberio, presidente di Privacy Italia – si nutrono esclusivamente di dati, dei nostri dati, e sul loro valore costruiscono non solo immense ricchezze, ma anche un patrimonio di conoscenze sulle nostre persone che sarà usato secondo modalità che noi non siamo in condizione di controllare”.Per controllare tutto ciò occorre un Garante forte.
L’Autorità, al contrario ha un organico previsto di 137 unità, che attualmente è pero coperto da appena 113 unità. Il vero problema è la scarsezza di risorse in relazione ai compiti che la protezione dei dati personali di 60 milioni di italiani comporta e la necessità improrogabile è quella di dare al Garante una consistenza di risorse pari a quella di altre autorità regolatorie del Paese.
Sui dati si gioca oggi una partita di sovranità, di identità di un popolo. Essi vanno, pertanto, considerati come un asset patrimoniale della nazione, come uno spazio inviolabile legato indissolubilmente alla sovranità nazionale del Paese.
Oggi, come è noto, la missione principale del Garante della Protezione dei dati personali è quella di preparare la transizione all’entrata in vigore del nuovo Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati Personali.
Come? Accompagnando organismi pubblici (PA centrale e locale) e imprese a conformarsi alle nuove regole e invitando i cittadini ad avere maggior consapevolezza del valore dei propri dati.
Rispettare le nuove norme non richiederà solo adempimenti noiosi e dispendiosi per PA e imprese.
C’è chi li chiede approfittando della ingenua noncuranza dei diretti interessati (come accade nel caso dei social network) e c’è chi li ruba, sfondando i sistemi di protezione con sofisticate soluzioni di pirateria informatica. Oggi i dati sono la preda più ambita dai giganti del web. E oggi i dati sono la preda più ambita dai giganti del web.“Amazon, Facebook, Google, Apple, Microsoft, IBM e tante altre società – ha dichiarato Raffaele Barberio, presidente di Privacy Italia – si nutrono esclusivamente di dati, dei nostri dati, e sul loro valore costruiscono non solo immense ricchezze, ma anche un patrimonio di conoscenze sulle nostre persone che sarà usato secondo modalità che noi non siamo in condizione di controllare”.Per controllare tutto ciò occorre un Garante forte.
L’Autorità, al contrario ha un organico previsto di 137 unità, che attualmente è pero coperto da appena 113 unità. Il vero problema è la scarsezza di risorse in relazione ai compiti che la protezione dei dati personali di 60 milioni di italiani comporta e la necessità improrogabile è quella di dare al Garante una consistenza di risorse pari a quella di altre autorità regolatorie del Paese.
Sui dati si gioca oggi una partita di sovranità, di identità di un popolo. Essi vanno, pertanto, considerati come un asset patrimoniale della nazione, come uno spazio inviolabile legato indissolubilmente alla sovranità nazionale del Paese.
Oggi, come è noto, la missione principale del Garante della Protezione dei dati personali è quella di preparare la transizione all’entrata in vigore del nuovo Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati Personali.
Come? Accompagnando organismi pubblici (PA centrale e locale) e imprese a conformarsi alle nuove regole e invitando i cittadini ad avere maggior consapevolezza del valore dei propri dati.
Rispettare le nuove norme non richiederà solo adempimenti noiosi e dispendiosi per PA e imprese.
“La difesa dei dati personali non è la lotta impari di una singola Autorità di settore contro il resto del mondo – ha proseguito Barberio – né è la resistenza solitaria del bravo cittadino consapevole, ma costretto a contrapporsi in solitudine ai giganti del Web. Al contrario la difesa dei dati personali è e deve essere un compito dello Stato. Il Governo e il Parlamento – ha concluso il presidente di Privacy Italia – di tale esigenza strategica, prima che i buoi siano definitivamente “scappati”. Perché a quel punto non ci sarà più neanche la nostra sovranità nazionale”.