Nella Legge di Bilancio 2022 è totalmente assente una strategia per la transizione energetica del settore automotive e per lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica private.
Senza interventi strutturali, molto probabilmente nel 2022 la quota di mercato dei veicoli a zero o ridottissime emissioni precipiterà: mentre l’anno scorso è iniziato con una quota del 4,7 per cento e si è concluso con il 13,6 per cento di dicembre, quest’anno rischia di assestarsi su valori tra il 6 e il 7 per cento, ben lontani dalle previsioni per gli altri Paesi europei.
Senza interventi l’Italia sarebbe meno competitiva nel confronto con altri Paesi, dove articolati pacchetti di misure pro mobilità elettrica agevoleranno una rapida accelerazione nell’installazione di una capillare rete di infrastrutture di ricarica anche privata.
I firmatari dell’appello ritengono critica e strategicamente pericolosa la totale assenza di programmazione e di misure adeguate al momento storico e al peso industriale, economico e sociale dei comparti rappresentati. Chiedono pertanto al Governo di intervenire fin da subito con un piano d’azione e dare un segnale importante al Paese.
Le proposte seguono tre assi.
- Prosecuzione dell’ecobonus nel triennio 2022-24 con una progressiva rimodulazione degli incentivi nel tempo.
- Interventi per le infrastrutture di ricarica private: prosecuzione del credito di imposta del 50 per cento per le utenze domestiche, le piccole imprese e partite IVA e una misura per lo sviluppo della ricarica all’interno dei condomini. Andrebbe inoltre aggiunta l’inclusione delle spese per la ricarica nei sistemi di welfare aziendale, come oggi già avviene per le carte carburante, e la previsione di una specifica tariffa elettrica dedicata alla mobilità privata, simile alla tariffa domestica.
- Infine, per la transizione delle imprese della filiera, misure a sostegno della riconversione industriale e dei lavoratori, indispensabili per non perdere competitività.
Senza questi tre pilastri di interventi, lo sviluppo della mobilità elettrica rischia di restare bloccato interrompendo la crescita di un mercato che dal 2018 a oggi ogni anno ha raddoppiato il suo valore e sul quale sono basati gli impegni presi dall’Italia in sede europea per la riduzione delle emissioni al 2030.
Il rischio è penalizzare molti cittadini, escludendoli completamente dall’accesso alle tecnologie più efficienti che senza incentivi non sarebbero competitive, perdere in occupazione a causa degli inevitabili cali della domanda, impedire lo sviluppo di settori emergenti legati ai servizi connessi alla mobilità elettrica.
In pratica, generare forti gap di competitività rispetto al resto d’Europa invece di puntare sulla mobilità elettrica come opportunità di crescita.