D’ora in poi sarà sufficiente tenere aggiornati i libri e le scritture contabili su supporto informatico e stamparli soltanto all’atto di eventuali richieste da parte dell’amministrazione finanziaria in sede di controllo.
È una delle norme inserite nel Dl Semplificazioni che ha ottenuto il via libera dalla Camera e attende ora il passaggio in Senato. Proposta dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, la norma che abroga l’obbligo annuale di conservazione sostitutiva digitale dei registri contabili tenuti con sistemi elettronici.
Ma per Andrea Lisi, avvocato, esperto di digitalizzazione, privacy e diritto dell’informatica, presidente di ANORC Professioni e presidente onorario di ANORC, quella che dovrebbe essere una norma di semplificazione rischia di essere una barzelletta e rendere così il quadro ancora più confuso, creando una pericolosa promiscuità tra digitale e analogico.
“Da parte di commercialisti e fiscalisti c’è un sentimento diffuso di chi vede la tenuta informatica come un orpello burocratico, e quindi preferisce la carta. Ma tutto il sistema Paese sta andando ormai verso il digitale– sottolinea Lisi all’agenzia Dire– libri e scritture con firme e marche in formato digitale hanno valore giuridico. Il digitale è ormai ineluttabile, ma va visto anche come qualcosa di positivo, che necessita certamente di regole”.
I documenti informatici, infatti, vanno gestiti e conservati nel tempo, considerata la loro natura. E per farlo in maniera corretta serve formazione e informazione. Ma guai a pensare che un documento digitale possa essere stampato.
“Ontologicamente il documento informatico è modificabile, quindi va formato correttamente con strumenti che ne garantiscano l’affidabilità e stamparlo equivale invece a fargli perdere le sue caratteristiche e, quindi, la sua validità giuridica– precisa Andrea Lisi– le firme digitali e le marche temporali del resto non sono stampabili, ma vanno verificate direttamente attraverso gli strumenti di tenuta e conservazione. Stampando i documenti, gli ispettori non possono verificare i documenti attraverso I loro strumenti peculiari: se li stampano, perdono valore”.
Per Lisi, quindi “c’è una grave ignoranza da parte di chi ha scritto queste norme: pensando di semplificare si stanno svilendo tutte le conquiste che il nostro Paese ha fatto, per una svista culturale da parte da chi vive il digitale senza conoscerlo, e nostalgicamente vuole tornare alla carta”. Un quadro da scongiurare, secondo l’esperto, anche perchè il digitale, se fatto bene seguendo le regole tecniche AgID e i decreti fiscali del 2014, garantisce maggiore trasparenza e sicurezza. “Il nostro è un Paese con altissima evasione fiscale: attuare questa norma significa continuare a garantire al paese sacche di nero elevatissime”.
La soluzione, commenta il presidente di Anorc professioni, potrebbe essere quella di partire dagli ordini professionali per fare formazione ai loro iscritti. “Un sistema Paese che si regge su Spid e Carta d’identità elettronica non può non pensare anche alla digitalizzazione degli archivi, anche quelli fiscali, da cui dipende la certezza del diritto tributario. Da parte del Parlamento, mi sarei aspettato più che altro delle misure che aiutino i professionisti a comprendere questi strumenti e l’introduzione di supporti per poterli utilizzare. Cerchiamo di educare e comprendere il fatto che i documenti digitali sono una garanzia per il professionista, ma anche per il contribuente”.