A Pavia la robotica è (anche) al femminile

di Thomas De Vido

La robotica si può coniugare al femminile? All’Università di Pavia sembra proprio di sì. Guidato da una docente di robotica – e da uno di Intelligenza artificiale – e coordinato da una giovane dottoranda, il team che ha vinto il concorso internazionale di robotica indetto da Epson ha ribaltato il paradigma, dimostrando che STEM è (anche) donna.

Due ingegneri donna e un docente di intelligenza artificiale uomo: le quote rosa raggiungono i due terzi nel team dell’Università di Pavia che si è aggiudicato, con un progetto innovativo e ambizioso, il concorso internazionale di robotica organizzato da Epson, così per questa volta STEM si coniuga al femminile.

Si tratta di Antonella Ferrara (Professore Ordinario di Automatica e docente di Robot Control) e Bianca Sangiovanni (Dottoranda in Ing. Elettronica, Informatica ed Elettrica, XXXIII Ciclo) che, insieme a Marco Piastra (Docente di Artificial Intelligence), hanno sviluppato e presentato un progetto che presenta un approccio molto innovativo nell’ambito della cooperazione uomo-robot o robot-robot perché prevede che il robot apprenda “in autonomia” dai propri errori sino a capire in che modo muoversi in un ambiente circoscritto per non entrare in collisione con uomini o altre macchine.

Spiega la professoressa Ferrara: “Ho deciso di proporre come capogruppo la mia dottoranda Bianca Sangiovanni perché è molto competente e volevo permetterle di cimentarsi con la conduzione di un progetto importante e innovativo, con tante difficoltà da risolvere.”

Non a caso la professoressa Ferrara ha scelto un giovane ingegnere donna per guidare e coordinare lo sviluppo del progetto. “Le donne hanno caratteristiche che ritengo particolarmente adatte per l’ambito scientifico: sono di solito molto precise, tenaci, attente allo svolgimento della ricerca”. La difficoltà per loro è spesso l’eccessiva umiltà. “La mia pluriennale esperienza con ricercatori di entrambi i sessi mi porta a dire che spesso le donne sembrano meno sicure di sé per una forma atavica di umiltà, molto presente fra le giovanissime ricercatrici, anche quando hanno le stesse capacità dei loro colleghi uomini.”

Donne, università, STEM e carriere

Continua la professoressa Ferrara: “Se andiamo a vedere le statistiche del Ministero, le donne sono oltre la metà degli iscritti ai corsi di laurea (55,5%), del totale dei laureati (57,6%), degli iscritti a corsi di dottorato (50%) e del totale dei dottori di ricerca (51,8%), ma questa presenza femminile diminuisce drasticamente con il salire nella scala gerarchica, fino al 23% medio tra i professori ordinari e a un misero 6% in area STEM. Così come si riduce il numero di iscrizioni femminili in funzione dell’ambito di studio: infatti a fronte del 55,5% medio, nell’area lettere e arti le studentesse sono la stragrande maggioranza con un 77,6% che scende al 48,1% in Scienze Agrarie e Veterinarie, fino a scemare al 27,4% nelle discipline STEM.”

“Ciò che colpisce – conclude Ferrara – è che, in tutti gli ambiti di studio inclusa l’area STEM, la percentuale di laureati rispetto al numero di iscritti è maggiore fra le donne, che quindi completano con maggior successo la formazione universitaria, ma poi non riescono – o non possono – continuare a crescere.”

Il progetto vincente: come insegnare a un robot a muoversi in un ambiente sconosciuto

Il titolo esatto del progetto è “Deep Learning for Safe Physical Human-Robot Interaction” e l’obiettivo finale è di far convivere robot e umani, un’esigenza sempre più sentita nel mondo industriale, ma che ha appena iniziato la sua strada. L’idea innovativa portata avanti all’Università di Pavia è stata di coniugare tecniche di machine learning basate sull’intelligenza artificiale con tecniche classiche di controllo dei robot. L’altro elemento caratterizzante è che il team ha deciso di utilizzare un robot industriale, che per natura non nasce per operare a stretto contatto con gli umani, ma viene anzi confinato all’interno di zone appositamente predisposte, circondate da gabbie dotate di molti sensori, necessari a garantire la sicurezza dei lavoratori.

“Il nostro lavoro – riferisce Bianca Sangiovanni – permetterà di introdurre il robot in un ambiente non necessariamente noto a priori, con enormi vantaggi per le aziende che, in questo caso, riusciranno a predisporre ambienti con umani, robot o altri tipi di macchinari. Il grosso sforzo per me e per tutti noi è spiegare e far capire alle aziende, agli studenti e in generale a un pubblico più ampio possibile l’impatto che questo tipo di tecnologie ha e avrà sulla vita di tutti i giorni.”

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