Cloud di prossimità, vantaggi e opportunità

by Stefano Pauli

L’Edge Computing è tra le opportunità più importanti dei prossimi anni per gli Operatori di Prossimità.

Si tratta di un settore che nel 2028 potrebbe valere 23 miliardi di dollari, nel mondo, con una crescita annua prevista che si aggira sul 42%.

Un campo da cui non possiamo sottrarci: “Con l’Edge Computing, la filosofia di base dovrebbe essere spostare i dati sempre più vicini agli utenti, quindi in un’ottica di Prossimità”, ci ha ricordato l’ingegner Paolo Di Francesco durante APBG22 (qui sotto).

Si gioca tutta qui la partita: trasferire infrastrutture e dati (e quindi una parte della nostra sovranità) all’estero, nei “forzieri” dei grandi operatori, o lottare affinché il cloud diventi uno strumento di prossimità.

Scopriamo i vantaggi e le diverse sfaccettature del concetto di prossimità legato al cloud, in vista del nostro nuovo appuntamento a Palermo, che si concentrerà proprio su questi aspetti. (Per informazioni, clicca qui).

Edge Computing come tecnologia di prossimità

Per sua natura, l’Edge Computing è la tecnologia che ci aiuta a processare i dati a livello locale e quindi decentralizzato. Si tratta per sua natura di uno strumento di prossimità, che elabora le informazioni sullo stesso dispositivo dove sono state create, come ci ricordano Marco Martorana e Roberta Savella.

Con l’incremento, già in atto, dei dispositivi smart nell’ambito dell’Internet of Things diventa uno strumento essenziale, riducendo la necessità di affidarsi a server centralizzati, aumentando la velocità dei servizi, riducendo il consumo di rete e migliorando aspetti essenziali come sicurezza e privacy.

Dal canto loro, i clienti, soprattutto business, possono approfittare di una maggiore flessibilità dei propri sistemi, distribuendo per esempio una serie di risorse comuni in diverse sedi distaccate.

L’Edge Computing viene già oggi impiegato con successo in diversi settori, dalle telecomunicazioni alla manifattura, dai trasporti ai servizi pubblici.

Grazie alla tecnologia, un impianto di produzione può infatti rispondere alla sua necessità di ridurre al minimo i livelli di latenza nell’elaborazione e trasmissione dei dati. Pensiamo a una catena di montaggio dotata di sensori IoT per la rilevazione di guasti.

Secondo alcune stime, in un mese, un’infrastruttura del genere produce più di 2mila Terabyte di dati: l’Edge Computing aiuta a tagliare costi e tempi di trasferimento ed elaborazione di questa mole impressionante di informazioni.

Ricapitolando, la tecnologia offre una serie di vantaggi, sia per i provider che per gli utilizzatori finali:

  • Maggiore velocità e stabilità
  • Esperienza utente più veloce e stabile
  • Monitoraggio in tempo reale di sistemi complessi
  • Riduzione dei costi di rete, soprattutto con riferimento alla larghezza di banda necessaria per trasmettere i dati
  • Tenere meglio sotto controllo il trasferimento di dati sensibili, riducendo la possibile diffusione accidentale
  • Limitazione degli errori di servizio
  • Implementazione di applicazioni di realtà aumentata e virtuale
  • Analisi dei Big Data in prossimità dei luoghi di produzione, per velocizzare eventuali decisioni necessarie in caso di malfunzionamenti
  • Indipendenza da server centrali, che potrebbero avere problemi e disservizi
  • Garanzia di interoperabilità tra ambienti hardware e software varigati

Cloud e prossimità geografica alla luce delle norme europee

La presunta “illegalità” di Google Analytics in Italia è notizia recente. Una notizia che ha messo in allarme praticamente tutte le aziende italiane, che con il loro sito web sono quasi sicuramente collegate al servizio di analisi del traffico di Big G.

Tutto nasce da quando il Garante della Privacy ha intimato alla società Caffeina Media Srl di adeguarsi alla normativa GDPR per aver violato le norme sulla protezione dei dati. Il problema? Google Analytics trasferisce le informazioni sul traffico degli utenti negli Stati Uniti, nei server di proprietà della multinazionale californiana. Secondo il Garante, tale trasferimento non tutela la privacy secondo quanto stabilito dalle norme europee.

Da alcuni anni, infatti, l’Unione Europea ha definito con chiarezza quella che viene definita “sovranità dei dati”, data sovereignty, attraverso normative come il GDPR. Secondo i legislatori europei, aziende e utenti devono avere la possibilità di controllare i propri dati a determinate condizioni. Condizioni che gli Stati Uniti non garantirebbero a pieno.

In questa direzione vanno anche gli sforzi per la creazione di Gaia-X, infrastruttura di data space europei, che consentono il mantenimento dei dati all’interno dello spazio comunitario.

In questo scenario, è diventato indispensabile ricorrere alla cloud proximity: i data center devono essere localizzati, se non all’interno dei confini italiani, quantomeno all’interno di quelli europei, per garantire il rispetto delle normative europee.

Cloud e Prossimità Culturale

C’è un ultimo aspetto che rende appetibile la cloud proximity ed è quella che riguarda la cosiddetta prossimità culturale.

In un’interessante intervista, Michele Zunino, presidente di un’azienda che fornisce servizi cloud da diversi anni ha parlato di “prossimità culturale” nel rapporto con i clienti.

Ha raccontato che spesso le aziende italiane si rivolgono ai “grandi nomi” quando vogliono avviare un progetto in cloud. Salvo poi tornare sui propri passi e scegliere un operatore locale, in grado di adattare l’infrastruttura alle esigenze specifiche di quel cliente.

La prossimità culturale si avverte anche a livello contrattuale. Come spiega Zunino, “le multinazionali offrono contratti standard”, praticamente immodificabili, mentre le aziende italiane “hanno bisogno di garanzie specifiche per i motivi più disparati”.

Una prossimità che si estende anche alla documentazione tecnica e ai servizi di assistenza: l’inglese è ancora un limite per molte aziende italiane; avere quindi la possibilità di “poter parlare nella tua lingua con qualcuno che conosce il tuo ambiente”, conclude Zunino, fa davvero la differenza.

La personalizzazione resta quindi una delle strategie più importanti per un Operatore di prossimità nel definire un’offerta di cloud di prossimità attrattiva e in grado di battere le grandi multinazionali.

Il provider deve riuscire a proporre offerte specifiche in base al settore di riferimento, alle dimensioni dei clienti potenziali e alla loro posizione geografica.

Per offrire un cloud che abbia i benefici della proximity è necessario che i provider sviluppino competenze specialistiche e ragionino in termini di un service design mirato.

 

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