5 falsi miti sulle metriche di marketing che ogni professionista dovrebbe conoscere

di Redazione TecnoGazzetta

Di Daniel Junowicz, RVP EMEA & Strategic Projects di AppsFlyer

Oggi i marketer sono perfettamente consapevoli che le app mobili stanno diventando un canale sempre più essenziale con cui raggiungere i consumatori. I budget destinati ai canali mobili ne sono la prova. Si pensi solo che lo scorso anno a livello globale le aziende hanno speso ben 223 miliardi di dollari in mobile advertising, e si prevede vengano superati i 339 miliardi di dollari entro il 2023.

Questa tendenza testimonia l’incredibile trasformazione dell’approccio con cui i brand si relazionano con i clienti, sicuramente guidata dall’ascesa dalla app-driven economy. Sfortunatamente, se l’attività dei consumatori sui canali mobili è aumentata durante la pandemia, molti budget di marketing non hanno seguito la stessa tendenza, e i professionisti del settore si sono trovati a dover alzare il tiro, a fare di più con meno.

Giustificare ogni singola riga di spesa è diventata la norma. Il ROI assume il ruolo di metrica chiave per distinguere le campagne di successo da quelle fallimentari. In questo contesto, per portare avanti un’argomentazione basata sul ROI agli stakeholder aziendali, i marketer devono avere accesso ai dati giusti. Per spiegare dos e don’t, ciò che funziona e ciò che no in questo nuovo paradigma “measure-everything”, proviamo ad analizzare – e scardinare – alcuni falsi miti sulla misurazione dei risultati di marketing.

 

1 – Non c’è bisogno di misurare!

La prima – e più ovvia – leggenda metropolitana ha origine dall’eredità dei “cartelloni”, dell’adv cartaceo. In questi modelli, la prova del ROI non era necessaria perché, sostanzialmente, troppo difficile da ottenere. L’ascesa delle tecnologie digitali, invece, si accompagna alla capacità di seguire e tracciare le campagne dalla concezione al ritorno sull’investimento o, nel peggiore dei casi, alla mancanza di esso. Nell’era digitale non solo si può misurare, ma si può misurare molto. Anche tra i marketer perfettamente consapevoli della possibilità di ampia misurazione nell’era digitale, spesso vediamo solo stime molto elementari, concentrandosi, per fare un esempio, sulla provenienza delle installazioni. E questo accade nonostante oggi esistano le capacità per monitorare e quantificare le attività sui vari canali e centralizzare i risultati in modo che tutte le funzioni dell’organizzazione ne possano beneficiare.

 

2 – La misurazione dei risultati è solo per le organizzazioni mobile-first

È facile supporre che gli investimenti in tecnologie che aiutino a valutare quantitativamente e analizzare le campagne di mobile marketing sia una strategia adottata principalmente dalle imprese che usano le app mobile come canale primario. Tuttavia, qualsiasi azienda che abbia un’app mobile, indipendentemente dalla priorità che assegna a questa, può beneficiare di dati accurati sul ROI. Senza queste informazioni, come è possibile sapere se aumentare l’investimento o reindirizzarlo? E anche nel caso in cui le installazioni dell’applicazione possono provenire da un’unica fonte, che dire delle entrate o degli utenti fedeli? Valutando attentamente attraverso metriche precise, le aziende possono aprire le porte a livelli di coinvolgimento ed engagement che in passato pensavano essere fuori dalla loro portata.

 

3 – Solo le campagne paid sono misurabili

Anche questo falso mito è retaggio dei tempi dei cartelloni e della pubblicità cartacea. In alcuni casi, la misurazione è ancora considerata un mezzo per capire l’impatto di campagne specifiche: numero di ascoltatori o spettatori raggiunti tramite radio o TV, numero di lead per gli eventi, e così via. Eppure, i piani di marketing moderni e olistici richiedono metriche e misurazioni di molti altri aspetti. Oggi le entità commerciali possono ottenere informazioni in tempo reale sulle performance del proprio brand, anche in maniera organica.

 

Quando si uniscono i dati delle campagne con quelli di engagement più organici, le aziende possono ottenere una visione ricca e completa di ciò che sta funzionando e no. Si tratta di vere e proprie informazioni da utilizzare proattivamente e che possono migliorare la strategia dietro i futuri investimenti, attività e campagne.

 

4 – Tutti misurano allo stesso modo

Stabilito, quindi, quanto sia fondamentale misurare, diventa ancora più importante farlo in maniera ottimale. Anche se può sembrare ovvio, molti marketer fanno supposizioni sulla metodologia che spesso li porta a essere superati dai concorrenti.

 

Per esempio, come si determina cosa costituisce effettivamente l’installazione di un’app? Si tratta del semplice download? L’apertura dell’app stessa? Oppure ancora, l’apertura entro un certo lasso di tempo dall’installazione stessa? L’utilizzo effettivo? L’utilizzo time-sensitive? E poi, le reinstallazioni contano o no? Queste considerazioni possono fare la differenza tra una visione accurata e una imprecisa delle performance di un’app e, quindi, di un brand.

 

5 – Non è più possibile ottenere delle misurazioni a causa di iOS 14

In questo caso, ci troviamo davanti a un equivoco scaturito dalle preoccupazioni dei marketer. Quando Apple ha lanciato la nuova versione del suo sistema operativo mobile nel settembre 2020, ha annunciato che il suo framework App-tracking Transparency (ATT) avrebbe imposto alle app di chiedere agli utenti l’accesso all’IDFA (Identifier for Advertisers, ovvero Identificatore Casuale del Dispositivo). Una mossa, questa, che va nella giusta direzione per preservare e rafforzare la privacy dei consumatori, ma non c’è dubbio che i cambiamenti di Apple avranno un impatto sulle modalità con le quali i marketer misureranno le loro campagne. Questo, tuttavia, non significa che ottenere metriche e misurazioni non sia più possibile.

 

Apple ha sviluppato la propria soluzione per l’attribuzione deterministica basata sulla privacy, SKAdNetwork, e anche se comporta alcune limitazioni, rappresenta ancora un enorme vantaggio per i marketer.

 

Inoltre, ci sono una serie di strumenti innovativi come l’analisi predittiva e le soluzioni basate sull’incrementalità che aiuteranno i marketer a comprendere meglio le prestazioni delle loro campagne, senza compromettere la privacy degli utenti.

 

Infine, strategie di marketing alternative come il web-to-app o basate su canali di proprietà, possono migliorare l’esperienza complessiva dell’utente, e senza basarsi sull’IDFA ai fini dell’attribuzione.

 

La misurazione prima di tutto

In un mondo mobile-first, il marketing measurement-first è vitale per dimostrare il proprio ritorno sull’investimento, e porre le basi per il proprio successo di business. Nel rapporto con i nativi digitali, i marketer devono essere in grado di evolvere i loro approcci di misurazione per includere concetti liquidi e meno definiti. I benefici di una corretta misurazione sono chiari: calcolo del ROI, una cultura aziendale guidata dai dati e una comprensione più profonda di ciò che spinge i clienti a un maggiore engagement.

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